Ridi, ma dopo ‘l riso attento mira

Autore: Gherardini, Giovanni Filippo

Il Vertunno dell’Arcimboldo a i riguardanti. Sonetto di Giovanni Filippo Gherardini, fatto con artificio, che i capiversi rappresentino le parole che hanno davanti

Rodolpho         Ridi, ma dopo ‘l riso attento mira
Secundo           Se mai vedesti, al par del mio, sembiante
Romanorum    Robusto e grato e se mai terra o piante
Imperatori       I miei frutti agguagliar quanto il sol gira.4

Invictissimo     Indi, se a lode la tua mente aspira,
Vertumni          Vertunno, che son io di Flora amante,
Imago               Inchina, ch’anch’io poi loderò avante
A                        A Cesar chi m’apprezza e chi m’ammira.8

Iosepho            Io de l'anno son dio, però quel raro
Arcimboldio     Arcimboldo, ch’uom forma d’ogni cosa
Mediolanensi  Mi fé d’ogni stagion di frutti i membri.11

Ficta                  Fu ben già il trasformarmi, ora m'è caro
Et                       Esser qual son, pur che Cesar per sposa
Dicata               Diami la Flora e insieme ne rassembri.14

Descrizione

In questi versi il ritratto di Vertunno (realizzato dall’Arcimboldo nel 1591), dio delle stagioni, si rivolge in prima persona ai suoi osservatori, invitandoli, dopo la prima impressione di riso che il quadro suscita, a soffermarsi più profondamente sull’arte della sua studiata composizione fatta di frutta. Non c’è creazione pari a quella del pittore che l’ha ideata, Arcimboldo, il quale, mediante l’impiego di frutti diversi, disposti in modo tale da rappresentare il viso del dio, «uom forma d’ogni cosa» (v. 10). Vertunno spera infine di prendere come sposa il ritratto della Flora (il quale anch’esso, come il primo, era stato inviato alla corte praghese di Rodolfo II d’Asburgo, il «Cesar» del v. 13), unione grazie alla quale non sarà stata vana la sua trasformazione in vero e proprio ritratto.

Dal punto di vista formale, la particolare struttura della poesia, in base alla quale le lettere iniziali dei versi vanno a formare delle parole, sembra rievocare poeticamente il “capriccio” e la bizzarria della stessa composizione pittorica dell'Arcimboldo.


Opere d'arte


Bibliografia

  • Berra, Giacomo, L'Arcimboldo "c’huom forma d’ogni cosa": capricci pittorici, elogi letterari e scherzi poetici nella Milano di fine Cinquecento, in AA.VV., Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio, Ferino-Padgen, Sylvia, Milano, SKIRA, 2011, pp. 283-313
    (pp. 308-309)

Libro
Gherardini 1591
All'Invittissimo CESARE RODOLFO SECONDO. Componimenti sopra li due quadri Flora et Vertunno, fatti a Sua Sac. Ces. Maestà da Giuseppe Arcimboldo Milanese, In Milano, appresso Paolo Gottardo Pontio, 1591
Pagina
c. 9r

Metro
sonetto (14 versi)
Schema
ABBA ABBA CDE CDE
Note metriche
Le lettere iniziali di ogni verso si riferiscono alle parole che le precedono, le quali vanno a formare la dedica del pittore all’imperatore Rodolfo II (ne risulta così un acrostico "anomalo")

Categorie
encomio d'artista; miti pagani; soggetti naturali
Soggetti
Flora; Giuseppe Arcimboldo; Rodolfo II d'Asburgo; Vertunno; agguagliare; ammirare; formare; frutta; lode; rassembrare; ridere; riso; sembiante; stagione; trasformare

Nomi collegati

Responsabilità della scheda: Martina Mariotto, Francesco Rossini | Ultima modifica: 9 settembre 2024