Cara, leggiadra Flora
Autore: Gherardini, Giovanni Filippo
Il Vertunno dell’Arcimboldo in arrivando parla a Flora et essa al fine gli risponde. Componimento di Giovanni Filippo Gherardini
«Cara, leggiadra Flora,
poi che mi diede la mia vera forma
quel che a te la tua vera ha dato ancora,
"Vertunno" dissi "più non si trasforma";
ma provar voglio bene e l’arte e i prieghi 5
perché Flora ad amarmi al fin si pieghi.
Così, dal patrio lido
partito, giungo a te per lunga via;
qui il tuo sembiante e qui il cesareo nido
vo contemplando, né ben so qual sia 10
di due che più mi stringa: o il tuo bel viso
o questo augusto in terra paradiso.
Tu Zefir, io Pomona
lasciamo; i’ vengo a te del tuo amor preso
e porto fuora, come Amor mi sprona, 15
l’insegna de’ tuoi fiori e dentro acceso
ho il core d’esser tuo sempre, non solo
sposo ma servo a la letizia, al duolo.
D’aspetto i’ non son anco
orrido o schifo, ma virile e grato; 20
ho richezze, ho gran senno, ho saldo fianco,
tal che da te ben merto esser amato.
Tu di Cesare sei, io d’esser bramo,
tu vaghi fior, io dolci frutti abbiamo.
Consenti dunque al vago 25
ardente mio voler». Fl. «Consento lieta,
poi che questa gentil tua nova imago
nel solo amor di te mio cor acqueta;
così d’ambi il desio Cesar gradisca
come tal par non ebbe l’età prisca». 30
Descrizione
In questo componimento le personificazioni dei due quadri "Vertunno" e "Flora" di Giuseppe Arcimboldo (realizzati rispettivamente nel 1591 e nel 1589 su commissione di Rodolfo II d’Asburgo), dialogano fra loro. A prendere la parola nei primi versi è Vertunno, che si rivolge a Flora dichiarandole il suo amore e il desiderio di raggiungere il «cesareo nido» (v. 9), la corte viennese dell’imperatore, dove lei già si trova. Il dio delle stagioni si difende affermando che non ha un aspetto «orrido o schifo» (v. 20), come evidentemente appare agli occhi degli osservatori, ovvero bizzarro e quasi deforme, ma possiede diverse qualità, dal momento che, grazie all'Arcimboldo, ha acquisito la sua «vera forma» (v. 2), cessando le sue continue metamorfosi. Negli ultimi versi Flora risponde consentendo al desiderio di Vertunno di essere sua compagna e quindi di far cosa gradita all’imperatore Rodolfo, che avrà le sue stanze finalmente abbellite dai loro dipinti.
Opere d'arte
Bibliografia
-
Berra, Giacomo, L'Arcimboldo "c’huom forma d’ogni cosa": capricci pittorici, elogi letterari e scherzi poetici nella Milano di fine Cinquecento, in AA.VV., Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio, Ferino-Padgen, Sylvia, Milano, SKIRA, 2011, pp. 283-313
(p. 308)
- Libro
-
Gherardini 1591
All'Invittissimo CESARE RODOLFO SECONDO. Componimenti sopra li due quadri Flora et Vertunno, fatti a Sua Sac. Ces. Maestà da Giuseppe Arcimboldo Milanese, In Milano, appresso Paolo Gottardo Pontio, 1591
- Pagina
- cc. 9v-10r
- Metro
- sestina (5 stanze, 30 versi)
- Schema
- aBABCCdEDEFFgHGHIIlMLMNNoPOPQQ
- Note metriche
- Lo schema rimico corrisponde a quello della sestina, tuttavia il componimento ne presenta una variante, dal momento che i versi non sono tutti endecasillabi, ma il primo di ogni strofa è un settenario. Presenza di rima inclusiva fra il v. 2 e il v. 4 e fra il v. 19 e il v. 21
- Categorie
- miti pagani; soggetti naturali
- Soggetti
- Amore; Flora; Pomona; Rodolfo II d'Asburgo; Vertunno; Zefiro; aspetto; fiore; forma; frutta; imago; sembiante; trasformare
- Nomi collegati
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Rodolfo II d'Asburgo
(personaggio citato e committente delle due opere d'arte)
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Rodolfo II d'Asburgo